Oltre la visione del gioiello come semplice ornamento.

Oltre la visione del gioiello come semplice ornamento.

Oggi condivido con voi questo interessante articolo di Antonio Kropp che riprende e sviluppa una tesi che ho sostenuto per la prima volta nel mio libro “Il Bijou nel sogno americano”, pubblicato nel 2010.

Buona lettura!

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Oltre la visione del gioiello come semplice ornamento.

Il 13 giugno prossimo io ed Erika Zacchello siamo stati invitati a tenere un talk a “Joy“, la manifestazione  dedicata al fashion jewelry e alla gioielleria, che si terrà a Bologna in collaborazione con Cosmoprof, fiera internazionale per l’industria della cosmetica e della bellezza.

Il tema dell’evento Joy è proprio il connubio tra il gioiello e il prodotto cosmetico.

A prima vista niente di strano: gioielli, abbigliamento e cosmetici partecipano tutti all’outfit femminile e sono quindi elementi naturalmente accostabili.

Tuttavia ci viene chiesto di definire “il modo migliore in cui il gioiello dovrebbe essere comunicato” e quindi, visto tutto quello che da tempo sosteniamo nei nostri contributi sul Nuovo Marketing per il Gioiello, non possiamo evitare di esprimere una nostra importante riserva.

Negli ultimi anni per comunicare in modo efficace, cioè in modo tale che si producano atti d’acquisto, non basta più informare semplicemente dell’esistenza di un prodotto, serve che la comunicazione risponda alla domanda del pubblico: “perchè dovrei comprare proprio quel prodotto?” 

Per ottenere ciò, la migliore strategia è quella chiamata da Al Ries Jack Trout: “Brand Positioning” (o semplicemente “Positioning”) cioè fare in modo che il prodotto risulti essere il primo a soddisfare (o a soddisfare meglio) un bisogno specifico. Per questo è necessario che il prodotto offra qualcosa di più rispetto agli altri sul mercato e che quindi si “posizioni” nella mente dell’acquirente come leader nella soddisfazione di una specifica categoria di bisogni.

E’ chiaro che tutto questo discorso presuppone che la battaglia dei brand sia centrata sulla capacità di avere un prodotto più utile di quelli della concorrenza. L’altro presupposto è che i prodotti abbiano tutti un’utilità rispetto a un bisogno pratico.

Per il gioiello, il “brand positioning”, in generale, non è applicabile perché il gioiello non ha un’utilità pratica salvo contribuire a un outfit.

Ma su questa strada non si trova il modo di distinguere il gioiello di un certo brand, dagli altri della concorrenza (ovviamente non parlo di brand già affermati e di successo).

Come si può oggettivamente dimostrare che quello specifico gioiello, di quello specifico brand, è più adatto degli altri a completare quel particolare tipo di outfit?

Marco de Veglia (storicamente il primo divulgatore in Italia del Brand Positioning), durante una conversazione privata, mi confermò che nel fashion, e quindi anche per il gioiello, il Positioning non si può applicare, appunto perché non c’è modo di dimostrare che un brand sia più specializzato di un altro nello svolgere una certa funzione.

I risultati ottenuti in anni di attività nel marketing del gioiello, ci hanno portato invece a una diversa conclusione.

Il nostro “Nuovo Marketing per il Gioiello” da questo punto di vista rappresenta una “svolta” il cui punto di partenza è stato radicalizzare un concetto espresso da Erika nel suo libro: “Il bijou nel sogno americano” pubblicato nel 2010.

La tesi di fondo del suo saggio è che il gioiello non è, e non è mai stato, un semplice ornamento. Le ragioni della scelta del gioiello sono invece da ricercarsi nell’esigenza dell’individuo di esprimere il proprio modo di essere. Il gioiello infatti è la migliore rappresentazione di chi lo indossa, manifesta il modo in cui vorrebbe essere percepito.

Abbiamo chiamato Superpositioning®️ la strategia di marketing vincente per comunicare il gioiello in modo che risulti migliore degli altri sul mercato e si basa proprio sulla natura del gioiello di essere la rappresentazione dell’individuo che lo sceglie.

Solo se è stato pensato affinché un particolare target si riconosca in lui e da lui si senta rappresentato al meglio, possiamo affermare che quel gioiello, per quel target, è effettivamente migliore di qualunque altro.

Il “posizionamento” nel percepito del cliente non ha più a che fare quindi con la sua utilità rispetto a una categoria di bisogni, piuttosto con la sua capacità di essere affine a una categoria esistenziale a cui l’individuo si sente di appartenere o vorrebbe appartenere.
Da qui il termine “Superpositioning”,  proprio per evidenziare il significato esistenziale e aspirazionale che assume il gioiello nella percezione dell’acquirente.

Spesso nei nostri workshop segnaliamo come esempio appropriato il caso di Pandora, perché il bracciale componibile, tramite i “charms”, riesce addirittura a raccontare i momenti chiave della vita di chi lo indossa che quindi da quel gioiello si sente massimamente rappresentato.

Per questi motivi, quando durante il talk di “Joy”, parlando di Cosmesi e Fashion Jewerly, ci chiederanno qual è il modo migliore di comunicare il gioiello, dovremo precisare che, per farlo in modo efficace, occorre innanzitutto abbandonare la convinzione che sia un semplice ornamento.

La maggior parte dei brand comunica ancora con questa convinzione, rendendo il proprio prodotto irrilevante, disperso nell’indifferenziata moltitudine (in cui nessuno è migliore) dei gioielli intesi semplicemente come “accessori”, quindi superflui.

La seconda seconda tesi che sosterremo è che il rapporto tra “gioiello” e “bellezza” non sta tanto nel fatto che il gioiello riesce ad esaltare l’aspetto fisico o l’eleganza della persona che lo indossa, quanto nel suo essere in grado di rappresentarne la personalità, contribuendo così a rendere tangibile il suo carattere e il suo fascino.

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